L'educazione Naturale: Socialità, Docilità, Duttilità
Socialità
(nel linguaggio naturale): capacità di aggregamento; disposizione
naturale che permette la vita in branco.
Socialità
(da vocabolario sapiens) s. f. [dal lat. socialitas -atis
«socievolezza», der. di socialis «sociale»; nel sign. 2, der.
direttamente da sociale]. –
1.
Convivenza sociale; tendenza degli individui alla convivenza
sociale: nell’uomo la s. è innata.
2.
Con sign. più ristretto, l’insieme dei rapporti che insorgono tra
gli individui che fanno parte di una società o di un ambiente
determinato; la coscienza, generale o individuale, di questi
rapporti e dei diritti e spec. dei doveri che essi comportano: è un
uomo cui manca ogni senso di s.; la s. di un problema, di una
iniziativa.
3.
In fitogeografia, è il modo di raggrupparsi degli individui di una
data specie in una cenosi (detta anche sociabilità): si esprime con
una scala di 5 gradi (1 = individui isolati; 2 = a gruppi o cespi;
3 = a piccole macchie o cuscinetti; 4 = in piccole colonie o in
grandi macchie o tappeti; 5 = in grandi colonie); il grado di
socialità dipende in grande misura dalle condizioni locali, che
possono essere più o meno favorevoli alle singole
specie.
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Docilità (nel linguaggio naturale): capacità di sottomissione alle regole del branco;
Docilità (da vocabolario sapiens) s. f. [dal lat. docilitas -atis].
– L’esser docile, disposizione ad apprendere, a lasciarsi guidare,
e anche a piegarsi, a cedere: mostrare d.; d. di mente, d’ingegno;
d. di un animale, di un metallo, ecc.
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Duttilità (nel linguaggio naturale): predisposizione ad
apprendere;
Duttilità (da vocabolario sapiens) Proprietà caratteristica di un
materiale duttile, cioè che può subire, sotto l’azione di forze di
trazione, deformazioni plastiche rilevanti in modo da poter essere
ridotto con facilità in fili sottili. Molto duttili sono alcuni
metalli: platino, oro, argento, rame, stagno, zinco e loro leghe.
La d. dipende dalla temperatura, dalla presenza di impurezze, dalle
modalità di lavorazione e dai trattamenti termici che il materiale
ha subito. La d. è tanto più grande quanto maggiore è
l’allungamento a rottura e la strizione del campione in
esame.
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Tali qualità sono spontanee ma anche modificabili nel tempo e dall’esperienza.
La definizione sapiens delle stesse caratteristiche non differisce poi molto da quella data dal linguaggio naturale.
Gli umani, così come i cani e i lupi, sono essere sociali, duttili e docili almeno nella predisposizione, salvo poi modificazioni caratteriali imposte dalla società sapiens.
Per i cani (i lupi o gli ibridi), le modificazioni possono intervenire per necessità, per l’equilibrio del branco, per eventi esterni, ma mai per sentimenti prettamente umani quali l’avidità, la brama di potere e neanche per pietà o altruismo.
La socialità, in un branco, è ciò che permette ai suoi componenti di aggregarsi e rimanere uniti, sopravvivere sfruttando la forza della coesione di tante unità e la specializzazione di ognuno al servizio dell’utilità del branco stesso, quindi di tutti i suoi componenti.
Se gli adulti portano il cibo ai cuccioli e alla loro mamma, non lo fanno per semplice affetto o per la tenerezza che un cucciolo susciterebbe in un umano e nemmeno per senso civico nei confronti della mamma.
Lo fanno perché sanno che i piccoli sono la futura forza del branco.
In un certo senso fanno un’azione che noi umani interpreteremmo come altruistica, per semplice egoismo dettato dalla sopravvivenza.
In effetti tutto ciò che viene fatto ha la stessa motivazione e lo stesso scopo: la sopravvivenza.
Il mio istinto mi dice che per sopravvivere ho bisogno del branco, quindi io VOGLIO stare nel branco.
La mia qualità naturale che si chiama socialità, fa in modo che io e altri come me ci uniamo per formare il branco di cui abbiamo bisogno.
Ma come tenere unito un branco composto da tanti individui diversi?
La natura ha provveduto dotando me e tutti gli altri componenti del branco di docilità.
Altra qualità naturale modificabile, la docilità fa in modo che io possa adattarmi alle regole del branco di cui voglio fare parte.
Se i componenti di un branco non fossero docili, il branco si sfalderebbe in men che non si dica.
Al contrario di ciò che gli umani pensano comunemente, più una società è sottoposta alle crude regole di vita di Madre Natura, più i componenti di tale società devono essere docili.
I lupi sono uno dei massimi esempi di docilità.
Il lupo indocile è un lupo che rischia di far vacillare l’equilibrio del branco e rischia di andare incontro a pericoli senza il sostegno dei suoi simili.
Il cucciolo che non si allinea a mamma quando ci sono i primi spostamenti è un lupetto a rischio, può essere attaccato da altri predatori, può cadere in un burrone.
La capacità di accettare e seguire le regole di Mamma Lupa prima e del Branco poi, è indispensabile per la propria sicurezza e sopravvivenza.
Anche questa caratteristica, quindi, ha origine dalla motivazione egoistica della sopravvivenza.
Ma
per adattarsi alle regole del branco è necessario capirle ed
apprenderle.
Ed
è qui che entra in gioco la terza qualità naturale in esame: la
duttilità.
Nel
linguaggio sapiens è la capacità di lasciarsi modificare da forze
esterne.
Nel
linguaggio naturale è la predisposizione di apprendere e mettere in
pratica.
Non
sono definizioni poi così diverse.
La
duttilità di un cucciolo lo porterà a capire, dopo qualche prova
maldestra, che al rientro in tana mamma non elargirà il pasto se
non nel momento e luogo da lei prescelto, quando tutti i cuccioli
l’avranno affiancata in allineamento.
L’apprendimento
di questa regola tramite la duttilità e la sottomissione ad essa
tramite la docilità, permetteranno al cucciolo di affiancare
correttamente mamma anche nelle future uscite dalla tana, facendo
in modo che il cucciolo sia al sicuro anche se in movimento, senza
bisogno di guinzagli o altro.
La
socialità, insieme a docilità e duttilità, farà sì che il cucciolo,
ormai cresciuto, applichi in futuro la stessa regola anche nei
confronti dei suoi superiori di branco, mantenendo così il branco
compatto nei suoi spostamenti e i componenti dello stesso al riparo
dai pericoli esterni.
Il
linguaggio naturale, nell’applicazione pratica utile a noi umani,
sfrutta la sua peculiarità di linguaggio universalmente
comprensibile per oltrepassare le barriere
interspecifiche.
Il
cane applica la qualità naturale della socialità anche nei
confronti di altre specie, tra cui in primis l’uomo.
Non
è altruismo il suo, un cane non può ragionare in questi termini
prettamente umani.
Semplicemente
il suo bisogno di socialità, di un branco di cui far parte, che lo
completi e lo ripari, supera le barriere interspecifiche di esseri
viventi diversi.
Quindi
la predisposizione, da parte del cane, a “fare branco” con noi
c’è.
Tutto
sta nel parlare la sua lingua quel tanto che basta per fargli
capire che anche noi siamo disposti a fare altrettanto e che,
soprattutto, fare branco con noi ne vale la pena.
Il
modo più semplice, logico e naturale per farlo è utilizzare le
altre qualità naturali: docilità e duttilità.
Il
cucciolo si affaccia al mondo con tante caratteristiche già scritte
nel suo codice genetico, ma privo di informazioni che gli
permettano di esprimere queste caratteristiche nel modo migliore e
più utile a sé stesso e al branco.
Fa
innumerevoli richieste, prima a mamma, poi alla balia, poi al resto
del branco.
Tutti
sanno riconoscere queste richieste e forniscono le risposte
corrette.
Ma
se a 60 giorni di vita del cucciolo arriva l’umano che lo allontana
dal branco di origine, pretendendo di diventare l’umano stesso il
branco del cucciolo, chi è che successivamente dovrà riconoscere le
domande e dare le giuste risposte al cucciolo?
Se
cambia il branco cambieranno anche le regole.
Il
piccoletto non aveva ancora fatto in tempo ad imparare le regole
del branco di origine che già cambiano le carte in
tavola.
Ora
la sua socialità gli dice che ha bisogno di un altro branco, che ci
sono altri esseri, sebbene diversi, a disposizione per formare il
nuovo branco di cui necessita.
La
sua docilità è messa a dura prova perché deve imparare le nuove
regole di un branco che ancora non conosce, che ancora non sa se
considerare tale.
Questo
è un momento delicato, in cui deve imparare a fidarsi, a
riconoscere i nuovi componenti e i nuovi ruoli nel
branco.
Episodi
di indocilità non sono da ricondurre al cucciolo “dispettoso”
(concetto assolutamente fuori dalla portata di un cane), ma semmai
alla mancanza di fiducia nell’umano che, per il cane, al momento
non è che un estraneo.
C’è
da tenere sempre a mente che docilità e duttilità sono
indispensabili, per un cane, per conquistare l’appartenenza ad un
branco e che il branco in sé è, per il cane, di vitale
importanza.
Per
cui è tutto interesse del cucciolo trovare il modo di inserirsi nel
branco, purché possa riconoscerlo come tale.
Il
branco-famiglia, costituito da una o più persone, è per il cucciolo
protezione, guida, cibo, cure parentali, insegnamento delle regole,
gioco istruttivo.
Il
cucciolo portato a casa e relegato da subito in giardino da solo,
oppure coccolato da tutti gli umani che passano da casa come se
fosse un peluche, come fa a districarsi in un mondo così complesso
come quello umano?
Non
ha la possibilità di ragionamento sapiens, non può capire perché la
regola fondamentale del branco=protezione è stata istantaneamente
accantonata esponendolo alla solitudine di una cuccia in
giardino.
Non
sa nemmeno perché ci siano tanti umani che vanno e vengono e tutti
possono avvicinarsi a lui: quand’era al sicuro con mamma e
fratellini potevano interagire con lui solo i membri del branco,
non gli estranei… ma in questa confusione come distinguere chi fa
parte del branco e chi no?
In
questi casi le qualità naturali del cucciolo lo portano a imparare
dalle esperienze, positive o negative che siano.
Non
capisco quale sia il nuovo branco? Me ne sto per i fatti miei e,
appena posso, magari me ne cerco un altro.
Nessuno
mi insegna le nuove regole? Cerco di capire quali comportamenti mi
permettono di sopravvivere e applico solo quelli.
Ho
paura ad uscire da casa, in un territorio sconosciuto, per fare
pipì? La faccio in casa, al sicuro.
Gli
umani mi sgridano perché faccio pipì? Allora la faccio di nascosto,
magari dietro al divano dove mi sento protetto, perché
evidentemente la regola dice che non posso farla se ci sono quegli
umani in zona.
Per
un cane il branco è sopravvivenza.
Un
cane mette a disposizione la propria capacità di apprendere e di
sottomettersi alle regole del branco pur di farne
parte.
L’umano
che voglia costruire un branco-famiglia non dovrà fare altro che
utilizzare questa predisposizione del cane in modo a lui
comprensibile per conquistare la fiducia del cucciolo, farlo
sentire al sicuro, fargli capire di aver trovato un nuovo branco
per poi spiegargli quali sono le regole dello stesso.
Se
il linguaggio è quello giusto, il cane sarà felice di apprendere
perché le sue predisposizioni naturali saranno soddisfatte e lui
saprà di aver trovato una guida.
Questa è l’educazione naturale.